Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini
Io sono
soltanto una lettrice appassionata di storie e di storia, i miei interventi non
hanno altra pretesa se non quella di condividere le mie letture.
Venezia 2019. Veduta del Canale della Giudecca. |
Inizio
con un romanzo novecentesco molto noto, Il giardino dei Finzi-Contini di
Giorgio Bassani. Decisione nata dalla necessità di colmare una mia lacuna: non
ho studiato Bassani durante gli anni del liceo e nemmeno durante il percorso
universitario. Così, rendendo noto questo desiderio, una amica ha scelto di
regalarmi il libro qualche mese fa, in edizione Universale Economica Feltrinelli
(2017).
Giorgio Bassani nasce a Bologna nel 1916 da una benestante
famiglia ebrea. Trascorre gli anni di infanzia e di giovinezza a Ferrara, città
che si rivela fondamentale nella sua opera di scrittore e poeta. Partecipa
attivamente alla Resistenza conoscendo l'esperienza del carcere nel 1943, anno
in cui, rilasciato, si trasferisce a Roma, dove vivrà fino al suo ultimo anno,
2000. La biografia della vita e dell'attività letteraria e politica è resa
bene, con una scansione cronologica, nel sito web della Fondazione Giorgio
Bassani (www.fondazionegiorgiobassani.it), curata da R. Cotroneo, confermata e
integrata da Paola Bassani, la figlia dello scrittore. La Fondazione ha sede
a Ferrara in via Ludovico Ariosto 67.
Natalia Ginzburg annuncia nel 1955 in casa editrice Einaudi
il desiderio di Bassani di riunire in un volume unico cinque suoi racconti e un
sesto che sta scrivendo proprio in quel periodo. Le Cinque storie
ferraresi usciranno effettivamente l'anno seguente, mentre Il
giardino dei Finzi-Contini, il sesto, troverà luce solo alcuni anni
più tardi, nel 1962, edito anch'esso da Einaudi.
Il
prologo racconta un episodio realmente accaduto della vita di Bassani, la
visita alla necropoli di Cerveteri con la moglie, la figlia Paola, Garboli,
Gallo e Citati, una domenica d'aprile del 1957. La gita fu determinante nella
decisione di raccontare dei Finzi-Contini, specifica l'autore nelle prime righe
del romanzo, di raccontare di Micòl e Alberto, del professor Ermanno, di Olga «e di quanti altri abitavano o come me
frequentavano la casa di corso Ercole I d'Este, a Ferrara, poco prima che
scoppiasse l'ultima guerra».
Il narratore, ignoto, studia a Bologna, dove lo stesso
Bassani frequentò la facoltà di Lettere. La passione per il tennis che l'autore
praticava a Ferrara, al circolo Marfisa d'Este di via Saffi, è la stessa che
riunisce nel giardino Micòl e Alberto, e Malnate e Bruno
Lattes e l'Adriana Trentini e i "viziati" dell'Eleonora d'Este che a
seguito delle leggi razziali nel '38, erano stati allontanati dal Circolo del
Tennis. Il romanzo è perfettamente contestualizzato nel periodo storico in cui
vivono i protagonisti. Tant'è, il lettore fatica a non immaginare un finale
tutto storico e poco letterario. Accompagnata, la consapevolezza e
l'immaginazione, dai dialoghi-monologhi di alcuni personaggi, il Malnate
soprattutto, e da una squisita narrazione indiretta: la prima persona riporta
con il discorso indiretto, in maniera riflessiva, i discorsi dei personaggi, «gli sapevamo dire, noialtri, quanti erano
stati prima del '38 in Italia "israeliti" antifascisti? - diceva
Malnate». E allo stesso tempo, il
pensiero del narratore, reso con discorso diretto, per permettere al lettore di
intuire un tono, comune anche ai nostri pensieri, tutt'altro che silenziosi,
tutt'altro che atoni: «E mio fratello
Ernesto, che se aveva voluto entrare all'università aveva dovuto emigrare in
Francia, iscrivendosi al Politecnico di Grenoble? E Fanny, mia sorella, appena
tredicenne, costretta a proseguire il ginnasio nella scuola israelitica di via
Vignatagliata? Anche da loro, strappati bruscamente ai compagni di scuola, agli
amici d'infanzia, ci si aspettava per caso un comportamento d'eccezione?
Lasciamo perdere! Una delle forme più odiose di antisemitismi era appunto
questa: lamentare che gli ebrei non fossero abbastanza come gli altri, e poi,
viceversa, constatata la loro pressoché totale assimilazione all'ambiente
circostante, lamentare che fossero tali e quali come gli altri, nemmeno un poco
diversi dalla media comune».
Bellissima l'interpretazione intima che offre Micòl del
narratore: una persona che, come lei, vive del passato, valorizzando del presente solo
la sua inevitabile, prossima, trasformazione in passato. «Di fronte alla memoria, ogni possesso non
può apparire che delusivo, banale, insufficiente...», una lettura che può diventare anche metafora del presente
vissuto dai personaggi del romanzo.
Rimane,
terminata la lettura, un ricordo nitido di Alberto e Micòl, e di tutti gli
altri. Sembra di averli osservati, dall'alto muro di cinta che circondava
il giardino, giocare a tennis e bere lo Skiwasser. Sembra,
arrivati all'ultima riga, che ognuno avesse avuto grande consapevolezza fin
dall'inizio, e ci si sente come caduti dalle nuvole, per non averlo capito
prima, che loro già sapevano.
Ho un ricordo vago di questo romanzo, proprio quest'oggi tentavo di ricostruirne la trama, i personaggi, dopo aver letto in questo spazio da poco aperto e che per qualche ragione mi rende un po' fiera, al contempo terribilmente in ansia nell'apporre qualunque tipo di commento.
RispondiEliminaHo provato a rievocare immagini, situazioni, persino aneddoti simpatici sul titolo del libro, che non sono mai riuscita a pronunciare correttamente.
Mi hai fatto fare un viaggio.
L’immagine dell’immensa libreria della casa dove son cresciuta, dove senz'altro quel libro r-esiste ancora; odore di sigarette MS, di tempi universitari “veri”, libri sull'acqua da me tanto amata, libri di anatomia patologica e racconti annessi, libri d'arte... no, quelli sono in camera. Fumetti persino.
Tutto questo è bello e orrendo allo stesso tempo.
Poi lo sguardo riconosce i manuali di greco e di latino…sensazione di bello, mi piace, continuo, sì! E mi sposto inevitabilmente a scuola. Bassani lettura “obbligata" ad un liceo, in quanto tale non apprezzata fino in fondo, come tutte le cose che non nascono da spontanea curiosità o propensione. Io non compro il libro di arte, l'arte va esperita, non va studiata…liceo…sorrido….pantaloni di velluto, Il mio Manifesto sotto braccio, comprato all'edicola dell'Accademia o delle Zattere a seconda se sono in ritardo o meno, Tito il ragazzo di cui “mi occuperò durante l'occupazione”, e.…i “Finzi continui" che forse leggo in bagno al terzo piano mentre fumo dei bidi. In classe parlo di quel romanzo ma non capisco cosa sto dicendo, non fino in fondo. A scuola non capisci mai a cosa serve quello che fai.
E dire che stamattina in classe, parlavo a due sorelle, parlavo di legami familiari e somiglianze. Parlavo anche di differenze che si scoprono..
In cortile invece parlavo di radici. Spostarsi per poi tornare. Il mio bisogno di migrare per restaurare quella memoria e di costruire una narrazione per tenerla con me.
Non l'ho fatto apposta, lo giuro, ma questo viaggio si è fatto sentire quest'oggi. Forse l'ho dovuto raccontare, qualcosa ha toccato. Mi sono ritrovata a condividere questi pensieri con persone, prendendo spunto da un quotidiano che non c'entra nulla con i Finzi-Contini. Alcune persone mi hanno offerto ulteriori suggestioni su questo romanzo, qualcuno mi ha prestato parole scelte con cura o per sbaglio. “Fantasmi, ricordi, memoria, questo libro parla di questo”, qualcuno mi ha detto. E… acqua …di nuovo. Sono di nuovo ricaduta là in quella casa con una libreria grandissima e tanti testi. Memoria. Identità costantemente messa alla prova dalla memoria.
Forse rileggere questo libro “da grande e non obbligata" mi porterà a riflettere con una maturità diversa su questi temi e chissà che forma prenderanno nel mio quotidiano. Forse lo troverò pesante, assurdo, perché questo romanzo è inevitabilmente agganciato a chi ero.
Quali altri viaggi? Forse i Finzi-Contini in un modo o nell'altro torneranno a scuola? Tra i banchi di oggi.
Ciò che è certo è che leggendoti mi viene voglia di trovarmi di nuovo su quel muro di cinta a sbirciare in quel giardino. E uscita dal cortile sono passata dalla libreria Ulisse, quella dove possono entrare i cani.
In attesa di altri viaggi.