Goliarda Sapienza, Io Jean Gabin.
Modica, 2019. Belvedere, via Sant'Andrea. |
Goliarda Sapienza nasce a Catania nel 1924 e muore
a Gaeta nel 1996.
Il romanzo autobiografico Io,
Jean Gabin è pubblicato postumo nel 2010. Esce nei Supercoralli,
collana di letteratura novecentesca edita da Einaudi dal 1948.
Ho letto il romanzo in edizione
ET, Einaudi Tascabili, 2018.
Goliarda Sapienza inizia a
scrivere quest’opera sul finire del 1979, occasione che la riporta alle sue
origini, la Sicilia, Catania, dopo circa trent’anni di assenza. Preziosi in
merito la postfazione al libro (pp. 121-133) e il ricordo “Ritratto di Goliarda
Sapienza” (pp. 137-168) di Angelo Pellegrino: «L’amava e la temeva [la Sicilia],
un rapporto di odio e amore perfettamente bilanciato […] donna di formazione
libertaria, soffriva maggiormente le numerose costrizioni di vario genere che
la cultura isolana imponeva. Lasciò Catania a diciassette anni con la
consapevolezza che non vi sarebbe tornata più». Infatti, vince una borsa di
studio per frequentare l’Accademia d’Arte Drammatica, e nel 1941 si trasferisce
a Roma accompagnata dalla madre Maria Giudice. Figura rivoluzionaria,
antifascista, Maria Giudice viene condannata più volte dal regime e infine è
costretta al soggiorno obbligato in Sicilia per oltre vent’anni.
Ama, Goliarda, scrive
Pellegrini, la libertà che quella città, Roma, era capace di regalarle, «la sua
indolenza, il suo cinismo». Partecipa attivamente alla Resistenza, conosce la
fame, il pericolo mortale e la malattia. Riesce a nascondersi dalle SS nel
periodo di pesante occupazione nazista, assumendo l’identità fornitale dal
padre Giuseppe Sapienza, che nel frattempo era giunto a Roma e aveva costituito
la Brigata “Vespri”, quella che poi salvò da Regina Coeli Pertini e Saragat.
Rimando per la biografia
dettagliata, per quanti desiderassero approfondire la poliedrica figura di Goliarda
Sapienza, innanzi tutto a quanto scritto e citato di Angelo Pellegrini, e
certamente ai saggi dedicati a questa importante autrice e attrice del
Novecento italiano.
Ho iniziato questo romanzo nel
mese di gennaio 2019, in aereo di ritorno dalla Sicilia. Prestato, forse in
parte regalato, da una persona siciliana. Ancora nitidi i ricordi di un periodo
immerso nel dialetto colorato che oggi posso dire di comprendere, se non sempre
nelle parole, almeno nei toni. Ancora vicini erano i profumi di una casa
luminosa, che vive le vecchie tradizioni culinarie di una regione così ricca,
così storica, nella maniera più spontanea che ci si possa aspettare.
Forse è anche questa poesia che
mi porta a consigliare il testo.
La «picciridda» è
Goliarda, fiera antifascista, guadagna ogni giorno gli spicci che le sono
necessari per recarsi al cinema a vedere le pellicole con Jean Gabin, quasi un
alter ego, una identificazione costante e riflessiva: «Andrò libera e sola
come Jean in cerca del senso, della ragione o del perché di me stessa e del
mondo». Esperta nel rammendare i pupi da Insanguine «come una vera
pupara», legata alle vie della Civita, il palcoscenico dei suoi pensieri, dei
principi antifascisti dei genitori che sembrano a volte tormentarla, quasi
invaderla. Bellissimo e significativo a questo proposito un passo
dell'opera: «E' mia madre che parla nella mia testa, secondo lei la mafia
come il fascismo sta dentro di noi - retaggio antico - , acquattata, pronta a
trascinarci verso il male. […] -Non sono mafiosa, papà, lo giuro! -Ma certo che
non sei mafiosa, Goliarda! -E neanche fascista, giuro! -E come potresti
esserlo, piccola? -Eh, tutti coviamo un germe di queste porcherie dentro di
noi!». Una casa, quella in via dei Tipografi, ritrovo di personalità e di
idee, spesso piena di persone, la sera, di musica, di politica. Un'atmosfera
che arriva al lettore subito, dopo le prime righe.
Non avevo conosciuto Goliarda
Sapienza prima di leggere questo testo. L'autobiografia è introspettiva:
l'autrice si racconta attraverso un flusso di pensieri e riflessioni, stimoli,
percezioni della realtà quotidiana che la circonda. Penso sia un caso unico nel
genere autobiografico e forse quello più trasparente. Mi ha lasciato una
profonda sensazione di condivisione, di vicinanza e di sollievo: pensare che
non si è i soli a riflettere, a riempire ogni secondo di un pensiero più veloce
sì della memoria, ma meno di una penna. L'astrattismo concettuale di Goliarda
Sapienza è la più preziosa e alta esperienza nella nostra società
contemporanea, il mondo di plastica, del Nulla tangibile.
Ho conosciuto Goliarda per caso quando, in una piccola libreria di un piccolo borgo, Ragusa Ibla, sono stata attratta dal titolo di questo libro: IO, JEAN GABIN.
RispondiEliminaMi sono subito chiesta chi fosse Jean Gabin, un attore francese, scopro: una ragazzina catanese desiderava essere Jean Gabin? Ne sono stata stimolata, l'ho acquistato!
Leggerlo è stata una meravigliosa scoperta, ritengo che Goliarda Sapienza abbia la capacità di richiamare il bello della Sicilia, le sue viuzze colorate e ricche e rumorose svelandone curiosità e intimi segreti. Al contempo l'onestà di riportarne le criticità, i punti più deboli, meno chiari attraverso i dubbi di una"picciridda", i pensieri più spigolosi, talvolta fastidiosi, che questa terra così piena e spesso ambivalente induce a seguire.
Mi sono sentita vicina a lei nell'amore smisurato e nella rabbia per la mia terra, due sentimenti che è ancora necessario far convivere. Mi sono ripromessa di proseguire il mio dialogo personale con Goliarda leggendo "Lettera aperta", per una conoscenza più profonda di questa donna che, mi pare, si sappia mostrare contemporaneamente forte e fragile senza il timore delle conseguenze.
Consiglio questa lettura a chiunque voglia fare un viaggio dentro un libro!
Antonella