Goffredo Parise, Sillabari

Goffredo Parise nasce nel 1929 a Vicenza e muore nel 1986 a Treviso, gravemente malato. Esce il Sillabario n. I nel 1972 presso Einaudi. Il secondo Sillabario sarà pubblicato invece nel 1982, Mondadori.

 Ho deciso di leggere Parise mentre studiavo l’opera biografica di Sandra Petrignani, La Corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg (Neri Pozza, 2018). Un libro che suggerisco, questo, perché pieno di scienza e pieno dell’opposto: passione, emozione, intimità.
Scrive di Natalia: «[...] Le piace dei Sillabari l’immensa malinconia che “non sappiamo da dove provenga ma sembra provenire dall’imperfetto, il quale canta e fugge nel fondo come un violino o un fiume”, e le piace l’estraneità con cui Parise racconta perché esprime l’insensatezza di tutto o, meglio, che il senso di ogni cosa resterà incomprensibile, “perduto nel disordine del mondo”» (p. 406).
Riporterò gli appunti del mio taccuino, scritti durante il viaggio in treno e la lettura, riga dopo riga. Anche i pensieri vanno e vengono, senza discendenti, imprevedibili e veloci (riferimento all’Avvertenza di Parise al testo, nella prima pagina dei Sillabari).
 Mi sono chiesta cosa intendesse Parise per “poesia in prosa”: è l’irrisolto del genere poetico, finito. Così mi sono risposta. Ogni lettera (a, b, c, d e fino alla S), ogni componimento, lascia un senso di verità, la semplicità spoglia che non siamo in grado di cogliere, se non figurata.
Legge fino all’ultimo punto, poi s’alza, lo sguardo lento si rivolge all’intorno, a ciò che ormai è diventato “il resto”, e cerca un infinito ipotetico, il suo questa volta, quello stesso irrisolto finito che ha appena provato. Cerca l’io poetico. Torna a vivere pieno: il solito contenitore che cammina, l’uomo, dimentico per qualche minuto di tante infrastrutture.
In Felicità mi colpì l’attenzione, sapiente e critica, alla classificazione degli elementi storici: «Tre cose c’erano, oltre a tutte le altre “storiche”, come la campagna, il caldo, la guerra...». Ci adoperiamo tutti a costruire significati, eventi nuovi ed unici, così complessi che non ricordiamo la soluzione all’enigma, e spendiamo la vita a decifrare, interpretare, scoprire ciò che noi stessi abbiamo creato. Voltiamoci, invece. La “campagna” storica di Parise è un concetto importante: il luogo, inteso come entità storica, con un suo percorso di cambiamento nel tempo.
Noia è un assoluto: se non l’hai provato, lo comprendi, altrimenti annuisci all’inevitabile. Il racconto-poesia a Natalia e Alessandra Ginzburg, Estate, è così diretto che pare di sentire il profumo della pelle, asciutta da poco, seccata dal sole e dal sale. Sembra di annusare il vento, da brezza leggera ad autunno.
Finisce, inesorabile: ecco la poesia.

Si legge della struttura dei Sillabari:

«Un giorno» come indicazione d’avvio (con le sue espansioni, attacco assolutamente costante, e non serve commentare) + un luogo che può essere affatto indeterminato + una sintetica vicenda o meglio exemplum che comincia a dipanarsi – di cui sono titolari un l’uomo, la donna, il bambino il ragazzo, il vecchio, la madre, il figlio, uno studente e simili astrazioni, indici di specie, giungendosi, sia pure virgolettato, «il nostro eroe». E se questi sovraindividui vengono caratterizzati in qualche modo, lo sono sommariamente […], sempre con la tendenza a ripetere contestualmente la formula o etichetta. Ciò favorisce la trasformazione, appunto, del racconto in exemplum, e impedisce il vagabondaggio delle osservazioni psicologiche, fissando la persona in una sola – e per lo più fisica – caratteristica, che ne fa un tipo.
Mengaldo, P., R. (2000), Dentro i Sillabari di Parise, in La tradizione del Novecento. Quarta serie, Torino, Bollati Boringhieri, pp. 392-409, 406-407

Scrive ancora Elisa Attanasio nel prezioso articolo Distillare il sentimento: i Sillabari di Goffredo Parise: «I personaggi dei Sillabari presentano dei dettagli molto particolari e precisi, ma allo stesso tempo si elevano a categoria superiore (si potrebbe dire di specie): è proprio attraverso questo doppio movimento di significazione precisa e indeterminatezza che Parise fa i conti con il proprio vissuto. L’autore infatti si avvicina molto al dato autobiografico, ma contemporaneamente se ne distanzia, rendendo queste storie esemplari».


Ho letto il libro in edizione Adelphi, 2004. Lo consiglierei ad ognun*, senza distinzioni di gusto o stile. Specie a quanti abbiano perso l’abitudine di sorprendersi in apnea e sentirsi felici.


Segnalo per un approfondimento su Goffredo Parise e sull’opera Sillabari: 
- Attanasio, E. (2018), Distillare il sentimento: i Sillabari di Goffredo Parise, in Marco Villoresi (a cura di) Scritture dell’intimo. Confessioni, diari, autoanalisi, SED Società Editrice Fiorentina, Firenze. 
- Attanasio, E. (2017) Goffredo Parise e l’esperienza della guerra: come il sentire si oppone all’ideologia, in Nicola Turi (a cura di), Raccontare la guerra. I conflitti bellici e la modernità, Firenze University Press, Firenze. 
- Crotti, I. (1994), Tre voci sospette. Buzzati, Piovene, Parise, Mursia, Milano.

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