Goffredo Parise, Sillabari
Goffredo
Parise nasce nel 1929 a Vicenza e muore nel 1986 a Treviso, gravemente malato.
Esce il Sillabario n. I nel 1972 presso Einaudi. Il secondo Sillabario sarà
pubblicato invece nel 1982, Mondadori.
Scrive di Natalia: «[...] Le piace dei Sillabari l’immensa
malinconia che “non sappiamo da dove provenga ma sembra provenire
dall’imperfetto, il quale canta e fugge nel fondo come un violino o un fiume”,
e le piace l’estraneità con cui Parise racconta perché esprime l’insensatezza
di tutto o, meglio, che il senso di ogni cosa resterà incomprensibile, “perduto
nel disordine del mondo”» (p. 406).
Riporterò gli appunti del mio taccuino, scritti durante il
viaggio in treno e la lettura, riga dopo riga. Anche i pensieri vanno e
vengono, senza discendenti, imprevedibili e veloci (riferimento all’Avvertenza di
Parise al testo, nella prima pagina dei Sillabari).
Mi sono chiesta cosa intendesse Parise per “poesia in
prosa”: è l’irrisolto del
genere poetico, finito. Così mi sono risposta. Ogni lettera (a, b, c, d e fino
alla S), ogni componimento, lascia un senso di verità, la semplicità spoglia
che non siamo in grado di cogliere, se non figurata.
Legge fino all’ultimo punto, poi s’alza, lo sguardo lento si
rivolge all’intorno, a ciò che ormai è diventato “il resto”, e cerca un
infinito ipotetico, il suo questa volta, quello stesso irrisolto finito che ha
appena provato. Cerca l’io poetico. Torna a vivere pieno: il solito contenitore
che cammina, l’uomo, dimentico per qualche minuto di tante infrastrutture.
In Felicità mi
colpì l’attenzione, sapiente e critica, alla classificazione degli elementi
storici: «Tre cose c’erano, oltre a tutte le altre “storiche”, come la
campagna, il caldo, la guerra...». Ci adoperiamo tutti a costruire significati,
eventi nuovi ed unici, così complessi che non ricordiamo la soluzione
all’enigma, e spendiamo la vita a decifrare, interpretare, scoprire ciò che noi
stessi abbiamo creato. Voltiamoci, invece. La “campagna” storica di Parise è un
concetto importante: il luogo, inteso come entità storica, con un suo percorso
di cambiamento nel tempo.
Noia è un
assoluto: se non l’hai provato, lo comprendi, altrimenti annuisci
all’inevitabile. Il racconto-poesia a Natalia e Alessandra Ginzburg, Estate, è così
diretto che pare di sentire il profumo della pelle, asciutta da poco, seccata
dal sole e dal sale. Sembra di annusare il vento, da brezza leggera ad autunno.
Finisce, inesorabile: ecco la poesia.
Si legge
della struttura dei Sillabari:
«Un
giorno» come indicazione d’avvio (con le sue espansioni, attacco assolutamente costante,
e non serve commentare) + un luogo che può essere affatto indeterminato + una
sintetica vicenda o meglio exemplum che comincia a dipanarsi –
di cui sono titolari un o l’uomo, la donna, il bambino o il
ragazzo, il vecchio, la madre, il figlio, uno studente e simili
astrazioni, indici di specie, giungendosi, sia pure virgolettato, «il nostro
eroe». E se questi sovraindividui vengono caratterizzati in qualche modo, lo
sono sommariamente […], sempre con la tendenza a ripetere contestualmente la
formula o etichetta. Ciò favorisce la trasformazione, appunto, del racconto in exemplum,
e impedisce il vagabondaggio delle osservazioni psicologiche, fissando la
persona in una sola – e per lo più fisica – caratteristica, che ne fa un tipo.
Mengaldo, P., R. (2000), Dentro i Sillabari di
Parise, in La tradizione del Novecento. Quarta serie, Torino,
Bollati Boringhieri, pp. 392-409, 406-407
Scrive
ancora Elisa Attanasio nel prezioso articolo Distillare il
sentimento: i Sillabari di Goffredo Parise: «I personaggi dei Sillabari presentano
dei dettagli molto particolari e precisi, ma allo stesso tempo si elevano a
categoria superiore (si potrebbe dire di specie): è proprio attraverso questo
doppio movimento di significazione precisa e indeterminatezza che Parise fa i
conti con il proprio vissuto. L’autore infatti si avvicina molto al dato
autobiografico, ma contemporaneamente se ne distanzia, rendendo queste storie
esemplari».
Ho letto
il libro in edizione Adelphi, 2004. Lo consiglierei ad ognun*, senza
distinzioni di gusto o stile. Specie a quanti abbiano perso l’abitudine di sorprendersi
in apnea e sentirsi felici.
Segnalo
per un approfondimento su Goffredo Parise e sull’opera Sillabari:
- Attanasio,
E. (2018), Distillare il sentimento: i Sillabari di Goffredo
Parise, in Marco Villoresi (a cura di) Scritture dell’intimo.
Confessioni, diari, autoanalisi, SED Società Editrice Fiorentina,
Firenze.
-
Attanasio, E. (2017) Goffredo
Parise e l’esperienza della guerra: come il sentire si oppone all’ideologia,
in Nicola Turi (a cura di), Raccontare la
guerra. I conflitti bellici e la modernità, Firenze University Press,
Firenze.
- Crotti,
I. (1994), Tre voci sospette. Buzzati, Piovene, Parise, Mursia, Milano.
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