Giorgio Bassani, Gli occhiali d'oro

Corso Ercole I, Ferrara, 2019.

Ho acquistato Gli occhiali d’oro di Giorgio Bassani durante un periodo festivo in una storica libreria bolognese in Via degli Orti, Ulisse. La libreria è piccola al punto che i libri sembrano muoversi incontro all’ospite, e tanto ordinata che paiono farlo in fila per uno, due al massimo, come a scuola i bambini, in rispettoso e forzato silenzio. Un’inversione di ruoli, riflettendo: la massa inanimata, intesa qui in termini numerici e non politici, muove indipendente e armoniosa, allo stesso tempo, e ti guarda le mani, che della voce se ne fa poco, e degli occhi ancor meno. La carta e la carne.

Negli anni Trenta ci veniva il Dottor Fadigati a Bologna due volte a settimana. Athos Fadigati, otorinolaringoiatria che aveva studio e casa in Via Gorgadello a Ferrara, «si era messo in testa di prendere la libera docenza».
Sono tornata a Ferrara per costruire tradizione e storia. La trovo bagnata, umida, maltrattata dalla pioggia. Cerco le prime battute del romanzo: «Il tempo ha cominciato a diradarli». Il narratore ignoto, studente ebreo, forse il medesimo alter ego di Bassani nel Giardino dei Finzi-Contini, si riferisce a quanti possono ricordare Fadigati, indirettamente dunque ai ricordi stessi, ancora viventi.
Giorgio Bassani inserisce il tema centrale del romanzo, la solitudine dell’uomo, l’esclusione civile, in una Ferrara storica, rendendo coincidenti e interscambiabili l’emarginazione sociale, opera della società borghese ai danni del medico, omosessuale, con la propaganda fascista e le imminenti leggi razziali. Il verbo dei personaggi secondari richiama l’attenzione su temi importanti, che se pur collocati nella cornice del testo, hanno in sé una rilevanza tale da determinare la comprensione stessa della storia: Fanny, la sorella minore del narratore, ancora ignara di quanto stava accadendo in quegli anni, del motivo per cui, ben presto, non avrebbe più potuto frequentare le scuole; il padre, speranzoso, lo leggiamo nascondersi invece un’evidenza dolorosa; le parole di Nino Bottechiari: «Nonostante le apparenze, non credo che nei vostri riguardi l’Italia si metterà davvero sulla stessa strada della Germania. Vedrai che tutto finirà nella solita bolla di sapone […] Oh, noialtri italiani siamo troppo buffoni, noi dei tedeschi potremo imitare qualsiasi cosa, perfino il passo dell’oca, ma non il sentimento tragico che hanno loro della vita». Tutti elementi fondamentali per digerire il sentimento di confusione e di angoscia dell’io narrante. Ineluttabile, la storia che conosciamo.
Ho ritrovato con gioia Alberto Finzi-Contini e il rammarico del narratore per non essere mai riuscito «a farsi invitare a giocare a tennis a casa loro, nel loro magnifico campo da tennis privato!». E l’avvocato Lattes, il padre di Bruno, amico di Alberto e Micòl.
Le vie del centro di Ferrara, Via San Romano, Via Martiri della Libertà, rigurgitano saluti formali, curiosità, e infine giudizio. Una cagna che corre via veloce, ennesimo abbandono. Percorro Corso Ercole I, la strada che porta alle Mura degli Angeli, fino alla casa della famiglia Finzi-Contini. Fadigati camminava composto e riservato, pigiato nell’oblio, cercava di non ascoltare i sussurri: come abbiamo potuto non pensarci prima?... un’amicizia scandalosa… il “vizio” di Fadigati. Apprezzavano di lui, i ferraresi suoi pazienti, «il palese impegno che aveva sempre messo e continuava tuttavia a mettere nel dissimulare i suoi gusti, nel non dare scandalo», da cui derivava la loro indulgenza: «Sapere equivaleva a comprendere, non essere più curiosi: lasciar perdere».
Ecco l’uomo, crudo. Con dolore, cammino. Le sento ancora queste frasi, comprendo oggi questa solitudine. Da citazioni d’un romanzo, un tempo che non torna, che resta linea, si fanno invece circolo, tempo che torna. Sudano i muri dei palazzi a Ferrara e in Italia, questi stigmi. Non esiste sussurro inascoltato, nemmeno il silenzio, nemmeno uno sguardo, una smorfia rimangono trasparenti.

Consiglio questo romanzo breve a tutti e tutte, indistintamente. Di Bassani, già dissi. Il libro è letto in edizione Universale Economica Feltrinelli, 2018. È pubblicato per la prima volta da Giulio Einaudi Editore nel 1958.
Esiste del romanzo il film omonimo del 1987, di Giuliano Montaldo, interessante dopo la lettura.

Pensare, potrebbe risolvere un potenziale e renderlo più alto. Lo studio della Storia equivale alla parentesi, o meglio, alle virgolette alte, che contengono una sentenza di umanità e rispetto.

Giorgio Bassani, Gli occhiali d'oro, p. 33.


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