INCISO
Inciso è uno
spazio che racconta l’esperienza di lettura di chiunque desideri condividerla. È uno
spazio libero, spontaneo, senza criteri di vincolo, dove il lettore potrà
incontrare non soltanto pagine scritte ma anche pagine lette, sensazioni,
riflessioni personali, consigli. Inciso vorrebbe essere questo: il racconto di
un libro che si inserisce a bassa voce nel filo conduttore del blog. Invito
dunque ognuno e ognuna a contattarmi, lasciando un commento con il proprio indirizzo
mail, se ha interesse a raccontare un libro letto, vissuto, di recente o molti
anni fa, che ha lasciato un ricordo finito.
L’Inciso
di oggi rappresenta uno strappo alla regola rispetto agli “Incisi” che siete abituati a leggere. Si tratta di un fotografo e
della sua mostra. Ho sentito il desiderio di condividere la mia esperienza da
visitatrice chiedendo una breve intervista all’Artista. Spero sia d’ispirazione
anche per voi!
INCISO 3. L'invenzione della quercia, Vincenzo Cottinelli.
Sono
stata a Sorano, in Maremma Toscana, poche settimane fa, i primi giorni di
settembre, in uno spazio affascinante e bizzarro, il Cortilone, a strapiombo sul fiume Lente, sospeso in un tempo rallentato, scandito dal fruscio degli
alberi, e dai pochi sudati rumori delle pietre medievali.
Qui Vincenzo Cottinelli espone oltre cento stampe fotografiche
in bianco e nero sotto il titolo L’invenzione
della quercia. L’edificio
cinquecentesco ha un’aria irrinunciabilmente délabré. Già granaio della
famiglia Orsini, ora appartiene alla Fondazione Piccolomini-Sereni.
Appena entrati, si apre una
grande galleria centrale, con archi e pilastri, numerose stanze aperte nella
parte superiore, soffitto altissimo e pareti assai vissute.
Abbiamo visitato la
mostra ponendoci molte domande, tecniche e non. Forti stimoli si accavallavano
di stanza in stanza fino a che quasi veniva da aumentare il ritmo, di più e di
più. Prendeva quindi a correre la mente, veloce da una foto all’altra, affamata
di energia e di voglia di chiedere e di guardare e anche, sì, di approfondire
ogni breve citazione letteraria che accompagna gli scatti.
Ho parlato con Vincenzo Cottinelli, che ha
una biografia artistica notevole.
Ha lavorato con le agenzie Grazia Neri a Milano e Opale a Parigi. Ha
pubblicato fra l’altro su: Io Donna, La Repubblica delle Donne, Linea d’Ombra,
Diario, The European, Yediot Aharonot, Literary Monthly of Israel, Le Monde,
The Independent, Frankfurter Allgemeine Zeitung. Oltre 70 copertine di libri
sono state realizzate con suoi ritratti dell’autore o fotografie emblematiche:
fra gli altri per Longanesi, Einaudi, Feltrinelli, Mondadori (di cui otto
Meridiani), Hanser Verlag, Penguin Books, Random House, University of Chicago
Press, University of Toronto Press, WAB Warszawa. Oltre 50 le mostre personali
in Italia; all’estero negli Istituti Italiani di Cultura di Vienna, Berna,
Londra, Tel Aviv, l’Avana, Praga; a Parigi nella Galerie Tour de Babel. Principali
libri fotografici: Sguardi, 1995; Volti dell’impegno, 1998; Philobiblon, 2001;
Tiziano Terzani: Ritratto di un amico, 2005; La domenica, arabo, 2005; Il Sogno
del Giardino, 2012; Visages de la culture italienne, 2013; Personaggi, 2015.
Sue stampe sono in collezioni private, fra l’altro, a Firenze, Lille, Lugano,
Mantova, Milano, Parigi, Praga, Roma, Siena, Tel Aviv, Tokyo, Trieste,
Varsavia.
Gli ho chiesto
come è arrivato a questo esperimento
fotografico su pellicola in bianco e nero nella Maremma toscana (così il
sottotitolo della mostra).
«Per
anni mi sono dedicato a fotografare volti di personaggi della cultura mondiale
o a raccontare storie sociali. Dal 2009 ho iniziato un gioco creativo:
fotografare facendomi influenzare dalla materialità del film di medio formato in
vecchie fotocamere. Ho incontrato la Maremma toscana a Montecavallo (fra Sovana
e Saturnia in provincia di Grosseto) nel podere di mia moglie Maria, con le sue
grandi querce. È stata una folgorazione.
Ho
deciso di affrontare la quercia, nella sua bellezza, non con la piaggeria
amatoriale, turistica, da calendario o da libro patinato, ma con la libertà
stilistica che mi dà la pellicola medio formato in bianco e nero con il “rullo
libero” delle fotocamere che lo consentono, magari con piccoli trucchi. La mia
tecnica di ripresa scivolata, multipla e irregolare, mi ha aiutato a raccontare
la quercia come se fosse in atto un colossale esperimento: la sua invenzione in un grande laboratorio
all’aperto dove strutture, forme, luci e ombre, rami, foglie, tronchi vengono
sviluppati, agitati, rimescolati sotto la pressione di forze potenti, spinti
verso l’alto o trascinati lungo l’orizzonte, senza pace, alla ricerca di un
modello grafico ed estetico originale, sotto lo sguardo del sole che domina,
rivela, nasconde con l’ombra, o sotto la protezione delle nubi».
Le fotografie delle querce di Cottinelli
sembrano effettivamente nate come divertimento analogico oltranzista, con
l’utilizzo sfrenato della pellicola in bianco e nero, da esibire in stampe di grande,
grandissimo formato, esaltate dallo spazio scelto per la mostra.
Precisa Cottinelli: «Mi è piaciuto
raccontare quest’albero quasi mitico in modo movimentato, mai solenne o statico
e invece frusciante, inquieto. Volevo trovare una bellezza non accademica né
patinata ma che alludesse a forze e dinamismi interni alla vegetazione, senza
rinunciare, quando capitava, a estetismi e grafismi o a intensità di acquaforte
piranesiana, ma in fondo con la dominante di un tono ruvido (maremmano, non a caso)
a volte bizzarro».
La mostra è accompagnata da un bellissimo
catalogo edito da Edizioni l’Obliquo,
137 pagine, stampato in bicromia, testi in tre lingue dell’Artista e del prof.
Andrea Cortellessa dell’Università di Roma, numerose citazioni da Dialogo dell’Albero di Paul Valéry e una
di Goethe da L’evoluzione delle piante. Le
citazioni, come accennavo, accompagnano in parete le grandi stampe con le quali
interagiscono bene e danno a tutta l’opera di Cottinelli un respiro letterario.
Chiedo dunque all’Autore se la dimensione
letteraria è nata insieme al progetto fotografico.
«In realtà, benché io ami
molto la letteratura, il lavoro sulla Quercia è nato come ispirazione puramente
estetica. Poi però è accaduto che, a montaggio quasi ultimato, mi è arrivato l’illuminante
suggerimento di Andrea Cortellessa di dare un’occhiata agli Scritti botanici di Goethe e a Il dialogo dell’Albero di Paul Valéry,
ispirato a Virgilio. È stato uno sconvolgimento e insieme una delizia. Goethe “mi
ha raccontato” i concetti strutturali e dinamici del mondo vegetale a partire
dalle infinite simmetrie laterali o “sopra-sotto” e principalmente dal
movimento continuo di espansione e crescita degli alberi, che la fotografia
delle querce può solo far intuire, oppure far apparire casualmente con il gioco
delle riprese multiple. Per la verità il famoso “Albero di Goethe” non era una
quercia, ma un faggio (Buche, in
tedesco) originariamente dentro il “bosco dei faggi” (Buchenwald) che fu distrutto nel 1937 dai nazisti per farci il campo
di sterminio: con criminale ipocrisia solo l’Albero di Goethe fu risparmiato,
al centro del campo.
Ma le intuizioni filosofico-poetiche
di questi grandi autori riguardano l’idea di un Albero universale. E in effetti
anche l’Albero di Titiro (che, secondo Virgilio, riposava sub tegmine fagi) non era una quercia, ma un faggio. Valéry, esaltato
dall’aver tradotto le Bucoliche, mi
ha fornito meravigliosi piccoli testi appropriatissimi per accompagnare gran
parte delle mie fotografie, proprio perché andava “oltre il faggio”: l’ho
saccheggiato con entusiasmo e gli sono grato per aver messo in scena, insieme
al pastore Titiro, il grandissimo Lucrezio. Questi casuali incontri
“immagine/testi” hanno molto arricchito il mio lavoro. Il Dialogo di Valéry è un formidabile caso di prosa poetica che tutti
gli amanti del mondo vegetale dovrebbero leggere».
Ringrazio Vincenzo Cottinelli
per aver dedicato il suo tempo a questa conversazione e per la passione che
trasmette ai “viandanti” di Sorano che incontrano la sua mostra e che domandano
d’ogni argomento, ogni specificazione, ogni dettaglio, e ai quali risponde con forte sentimento. Mi rimane l’impressionante bellezza delle immagini che s’intreccia
all’originalità dell’allestimento in grande formato
Catalogo della mostra |
La
mostra, prevista fino al 28 settembre, viene prorogata a fine ottobre, in ore
pomeridiane, su appuntamento (Vincenzo Cottinelli 335 6436475 o Fausto Buzzi 333
7255803). Nello spazio espositivo c’è la possibilità di acquistare il
catalogo, che consiglio calorosamente, e le stampe, molto adatte per collezionismo
o per arredamento di spazi domestici o professionali (per ogni informazione v.cottinelli@gmail.com; per vedere
tutto il suo lavoro fotografico http://www.vincenzocottinelli.it/ o http://www.vincenzocottinellistage.it/).
In genere leggo il blog ma non commento quasi mai, questa volta invece mi sono lasciata contagiare dalla forza delle emozioni che hanno indotto l'Artista ad intraprendere un percorso di osservazione e di studio di un albero, la quercia, che tutti noi conosciamo ma che siamo abituati a guardare con occhi diversi dai suoi; mentre, Vincenzo Cottinelli con il suo obiettivo fotografico ne ha colto ogni angolo,forma,dimensione, sezionandola e ricostruendola dandole un'anima.
RispondiEliminaIn un periodo così buio la forza dell'immaginazione, la creazione e l'unione delle arti diventa una boccata d'ossigeno irrinunciabile! Grazie per questo scuotimento alle menti, come fronde di una quercia, speriamo di rimanere ancorati a terra. Grazie La Strada che Va in Città, Grazie Cottinelli.
RispondiEliminaSono stata subito colpita dall’oggetto della mostra e dal suo collegamento con la dimensione letteraria. Originaria dell’Appennino bolognese, non lontano da Marzabotto, le querce sono sempre state per me testimoni di ciò che è accaduto, compagne silenziose delle passeggiate attraversando quei luoghi e protagoniste della memoria della Resistenza e dell’antifascismo. La stessa poesia di Luciano Gherardi lo ripete come un mantra: Hanno memoria le querce, hanno memoria! Quindi grazie per aver condiviso questa mostra e questa intervista, in cui ritrovo una prospettiva altra di questo albero che mi fa sentire, scusa il gioco di parole, ritornata alle mie radici.
RispondiEliminaMolto interessante. Grazie per questa bellissima segnalazione. Vivi in Appennino e la natura è sempre fonte di ispirazione, foriera di nuovi linguaggi. Mi auguro di poter visitare presto la mostra.
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